Ma quanto ci sentivamo in, trendy, very very fashion e quanti termini ancora sono stati inventati oggi, quando uscirono le prime vinerie dove, accanto ad un salatissimo bicchiere di vino che conviene comprare la bottiglia, ci offrivano un tagliere di formaggi accompagnati da mieli fruttati, pere e noci?? Parlo della mia esperienza di gente del profondo Sud Italia. Io mai. C’era qualcosa che mi diceva che prima di essere arrivato a noi questo accostamento, ne aveva fatto di strada, e soprattutto che un’entità élitaria fantasma aveva deciso di concedercelo. E la mia sensazione non era sbagliata. Pera e formaggio vanno a braccetto dal XVI secolo, appena dopo l’età medievale. Prima di allora il formaggio era considerato il cibo della gente più umile, il cibo dei pastori e dei contadini. I nobili invece mangiavano…pere. Cibo prezioso perchè delicato e facilmente deteriorabile, al contrario di quella fetente caciotta conservata a lungo nelle dispense dei contadini. Poi arrivarono i monaci nel Medioevo, che seguivano, sì, la strada dell’umiltà, mangiando pane e formaggio e bandendo la carne, ma che al contempo avevano stretti rapporti con l’ambiente nobile. Il formaggio quindi ad un tratto salì di grado. Ma i nobili non potevano mangiare lo stesso cibo dei poveracci: il formaggio andava giustificato con le pere. Il contadino non doveva sapere dell’accoppiata vincente. Al gusto del contadino per il quale è sano ciò che piace, si contrappone il buongusto dei nobili, ai quali piace ciò che è sano. Sapere ciò che è sano è un privilegio della sola casta, gli altri sono lasciati a bivaccare nel limbo dell’ignoranza. Ma il contadino che non era coglione, lo sapeva prima del padrone. Spero abbiate attivato il parental control, o che i figli siano a nanna. Un piccolo esempio dunque di come molti, quasi tutti gli accostamenti in cucina, non nascono dal semplice sperimentare, ma hanno radici storiche, sociali e politiche.
Non ho fatto io questa curiosa ricerca, ma Massimo Montanari, riportando i risultati nel suo libro ” Il formaggio con le pere. La storia di un proverbio”. Non ho letto neanche il libro, a dirla tutta, ma varie sue recensioni in rete.
Per 4 stampini di 7 cm di diametro:
- 320 gr. di riso per risotti
- 40 gr. di burro
- 1 cipolla piccola
- 150 gr. di caciocavallo
- 150 gr. di pere mature ( circa due piccoline)
- brodo vegetale quanto basta
- 1 bustina di zafferano
- 1 pera per l’eventuale decorazione
Preparare il brodo vegetale e tenerlo a sobbollire sul fornello.
Sbucciare le pere e ridurle a piccoli dadini insieme al caciocavallo.
In un tegame soffriggere la cipolla tagliata sottilmente con il burro. Quando è diventata trasparente, aggiungere il riso e farlo tostare per pochi minuti, mescolandolo di continuo. Aggiungere il brodo poco alla volta e portare il riso al dente sempre continuando a mescolare. Spegnere il fuoco, sciogliere lo zafferano in un pò di brodo caldo e aggiungerlo al riso. Aggiungere i cubetti di pera e caciocavallo e mescolare delicatamente. Riempire gli stampini, leggermante imburrati, e passare nel forno a 180° per una decina di minuti. Far raffreddare per qualche minuto e sformare sui piatti.
Per la decorazione, basta affettare una pera a rondelle e grigliarle fino a doratura.
( La decorazione la vidi tempo fa su un blog, sinceramente non ricordo più la fonte. Se l’ideatore volesse rivendicare la sua idea, sono disponibile ad accogliere ogni sua richiesta).
Buon appetito!