Spaghetti zucca e salvia croccante. Ma i genitori hanno sempre ragione???

” Assaggia tu. E’cotta?”

“mmm..un altro minutino”…

..e cominciava la guerra. Mia madre rientrava ad ora di pranzo e chiedeva puntualmente: “Avete litigato?”.

Anche se la pasta era stracotta, mio padre un pò per dispetto, un pò per affermare la sua autoritas, la lasciava cuocere sempre per un altro minutino. Io, grande amante della pasta al dente, quasi cruda, ho sempre lottato fino all’ultimo sangue.

” Si vede ancora il filino bianco…”, diceva.

“Si, ma finisce di cuocere mentre la scoli..”, ribattevo.

Non l’ho mai convinto. Oggi quando lo invito a casa mia, e si mangia quello che cucino io, vorrebbe intervenire ma non può. Io lo accontento sempre: piatti tradizionali e cottura al dentino.

Arrivò il tempo libero dell’università fuori casa e cominciai a cucinare in assoluta autonomia di pensiero. Allora scoprii, complice la tradizione napoletana, anche nuove tecniche di cottura della pasta. Cuocere la pasta direttamente nel condimento dei legumi, mi era cosa già nota, ma cuocere altri primi a base di pasta, saltando la fase della bollitura in acqua, fu una gradita novità per me. La pasta, oltre a non perdere la cottura al dente, risultando più digeribile, assorbe l’acqua di vegetazione delle verdure, ricca di nutrienti, che così non si disperde. Il risultato è un piatto leggero e saporito, che non ha bisogno di altri condimenti grassi. L’esempio è dato da questo profumato  primo. La zucca, se non ben mantecata, tende a scivolare via dalla pasta. Trattata in questo modo lascia, invece, un’impronta ben precisa, seppur delicata. La ricetta è tratta da un ritaglio di giornale, gelosamente custodito, che tra l’altro ne riporta altre di questo tipo e che penso di proporre in seguito.

Non so se i genitori hanno sempre ragione, posso solo dire che i miei ce l’hanno sempre nelle cose importanti della vita. Purtroppo li ho capiti solo a posteriori, perchè oltre a insegnarmi valori quali l’onestà, la lealtà e la pulizia interiore, mi hanno sempre concesso il dono della libertà di pensiero e di azione, assicurandomi la loro presenza e il loro sostegno in ogni caso, anche se solo morale. Da genitori teniamo presente però che, se noi pensiamo di aver sempre ragione, i figli, dal loro canto, sono sempre pieni di sorprese!

Per 4 persone:

  • 380 gr. di spaghetti
  • 500 gr. di zucca
  • 3-4 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • 20 gr. di burro
  • una decina di foglie di salvia
  • sale e pepe quanto basta

Pulire la zucca dai semi, sciacquarla, asciugarla, avvolgerla in un foglio di alluminio e farla cuocere per 30-40 minuti nel forno a 180°, fin quando risulterà morbida infilzando uno stecchino. Togliere la buccia e ridurla a cubetti.

In una padella abbastanza capiente, far soffriggere le foglie di salvia spezzettate con l’olio e il burro, fino a quando risulterà croccante. Aggiungervi la zucca e far insaporire per qualche minuto a fuoco vivace. Salare.

Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata e, a metà cottura, scolarli con un forchettone, conservando l’acqua, e aggiungerli nella padella con la zucca e la salvia. Far insaporire e aggiungere qualche cucchiaiata di acqua messa da parte, per terminare la cottura. Occorrerà pochissimo tempo. Pepare e servire. Io ho aggiunto anche una spolverata di ricotta stagionata da grattugia.

Buona libertà di pensiero a tutti!

Risotto con peperoni e provola affumicata di Sorrento. Un ricordo per ogni chicco.

E’ difficile introdurre questa ricetta. E’ faticoso parlare dei miei anni trascorsi da studentessa di ingegneria fuori sede. Di quando un giorno i miei genitori mi lasciarono in una grande città con una valigia, due piatti, tre posate e una tovaglietta. Di quando la signora che mi fittò la stanza voleva insegnarmi come funzionava un miscelatore dell’acqua e mi chiedeva in continuazione se i fagioli che cucinavo li produceva la mia famiglia (magari!). Di quando traslocai in una vera casa di studentesse con un carrello della spesa, perchè non volevo aspettare aiuti (traslocai difronte). Di quando cominciai a capire cosa significa la convivenza con persone estranee, a tratti entusiasmante, a tratti sconfortante. Prendere posizioni, schierarsi, studiare strategie per eliminare il nemico. Studiare. Rispetto per gli spazi in comune e turni di pulizie. Spesa in comune o no? La carta igienica in comune. Ricordi splendidi. E’ complesso raccontare la parte delle feste, delle partite a carta, gli scambi culturali con le altre case di studenti, le uscite, infatti sorvolo. E’ nostalgica la parte delle confidenze a lume di abat-jour, dove si bisbigliavano segreti e insicurezze, dove si cercava confronto e conforto, che poi è la parte che porto dentro indelebilmente. Grazie alla comunione e allo scambio di pensieri sono nate delle amicizie magiche. Ho assorbito il meglio di tutte le mie amiche e me ne servo ancora. Forse non è stata poi così difficile l’introduzione.

Ho imparato anche qualche ricetta. Ci piaceva tanto, dopo una mattinata di studio, ritrovarci in cucina per pranzare insieme e prendere il caffè. La tavola era zona di tregua in ogni casa in cui ho convissuto. Era un periodo di dieta dimagrante e l’ ingrediente eletto a soddisfare il palato e la bilancia era il peperone. Il peperone, anche se cucinato leggero, è sempre gustoso. Rilascia quel sughino che sopperisce alla mancanza di condimento. E così un giorno una delle mie più belle e più care amiche, Federica P., mi fa scoprire, grazie alla sorella, il trio peperone-riso-provola affumicata. Il peperone rigorosamente rosso, un pò per il colore, un pò per il gusto a mio avviso migliore, anche se non mi è chiaro se la differenza di gusto tra i peperoni di vari colori è vera o solo uno scherzetto ottico. Il riso usato in questa ricetta è il carnaroli, lo trovo ottimo cuoce bene e i chicchi rimangono ben sgranati quasi come un parboiled, che non amo molto. La provola poi, sono fortunata abitando a Napoli, è quella affumicata di Sorrento. Non quella secca, ma quella grondande latte.

Eccola

insieme al risotto che mi ha stregato.

 

Per 350 gr di riso per risotti  (4 persone):
  • 2 peperoni rossi grandi
  • 4-5 cucchiai di olio
  • una cipolla media
  • provola affumicata o altro formaggio affumicato filante
  • brodo vegetale, o di dado, salato. 

Tagliare i peperoni a piccoli cubetti, togliendo i filamenti bianchi amari.

Mettere sul fuoco il brodo vegetale, precedentemente preparato, facendolo sobbollire a fiamma bassa.

Preparare la base del risotto soffriggendo la cipolla, affettata finemente, nell’olio. Quando comincia a imbiondire, unire i peperoni e far cuocere per una decina di minuti con il coperchio, versando uno o due mestoli di brodo bollente di tanto in tanto. Non devono cuocere troppo, continueranno a farlo con il riso.

Aggiungere il riso, far tostare qualche minuto sempre rigirando e cominciare a versare un mestolo di brodo bollente. Una volta assorbito, buttare un altro mestolo e così via fino a cottura del riso, sempre mescolando.
Spegnere il fuoco poco prima della cottura completa del riso, aggiungere la provola tagliata a cubetti grossolani, mescolare piano facendo attenzione che il formaggio non si ammassi. Far riposare un paio di minuti e impiattare. Aggiustare di sale se occorre.
Buon appetito!

Tortiglioni con mollica e melanzane. Invito a pranzo al Futurismo.

“Crediamo anzitutto necessaria:
L’abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana.”

( MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA di Filippo Tommaso Marinetti, qui il testo www.railibro.rai.it )

Il movimento futurista di Marinetti, che si sviluppò nei primi anni del Novecento, oltre ad interessare la letteratura e l’arte in genere, intervenne anche in cucina: ”  …si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia “. L’ “alimento amidaceo”  comporta “fiacchezza e pessimismo”. La cucina del futuro doveva essere temeraria e coraggiosa, osare accostamenti al limite del mangiabile. Un’ alimentazione a base di carne e vegetali, per acquistare quell’agilità necessaria nel mondo moderno. I cibi dovevano essere accompagnati da esperienze sensoriali diverse : musica , profumi e poesie. Dopo qualche mese dalla pubblicazione del Manifesto, Marinetti fu sorpreso in un ristorante di Milano a mangiare un piatto di spaghetti. E a noi gli additivi e la cucina molecolare…

Ben venga la sperimentazione (innocua) in tutti i campi, ma non toccatemi la pasta. Un pranzo senza gli amidacei mi lascia completamente insoddisfatta. La pasta è il sorriso in tavola. Poi come secondo piatto potrei anche osare il ” pollo di acciaio”, ossia un arrosto ripieno di confettini argentati, mentre con la mano accarezzo cartavetrata e velluto, ascoltando un poemetto in rima e annusando basilico ozonizzato.

Tutto questo per giustificare il piatto che ho mangiato oggi. Non sono molto organizzata quando si tratta di fare la spesa e questo comporta giorni in cui nel frigo c’è il classico eco. La dispensa invece è sempre piena di pasta, così come sempre pieno è il cestino del pane. Sfogliando l’Enciclopedia della cucina italiana, ho trovato un piatto della cucina povera siciliana che prevede mollica di pane raffermo e melanzane fritte. Due amidacei in un’unico piatto. Anche in Lucania, mia terra d’origine, la pasta “cu la muddia” (con la mollica) è un piatto tipico declinato con vari ingredienti. Ma oggi l’aggiunta delle melanzane mi stuzzicava.

Ecco il mio futuristico piatto

un primo piano dell’ amidaceo

e la ricetta:

Per 4 persone:

  • 350 gr. di pasta
  • 300 gr. di melanzane ( 2 piccole)
  • 7-8 cucchiai di briciole di pane raffermo
  • 1 spicchio d’aglio
  • 5 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • olio per friggere ( extravergine preferibilmente)
  • prezzemolo tritato
  • sale, pepe o peperoncino


Tagliare le melanzane a cubetti e friggerle in abbondante olio, poche alla volta. Asciugarle sulla carta assorbente.

Far soffriggere lo spicchio d’aglio nell’olio, toglierlo e aggiungere la mollica di pane precedentemente passata nel mixer. Aggiungere un pizzico di sale, il pepe o il peperoncino. Mescolare stando attenti a non farla bruciare, deve risultare dorata, ma morbida dentro.

Mescolarla alla pasta insieme alle melanzane, impiattare e cospargere di prezzemolo tritato.

(La versione originale prevede anche l’uva passa, strizzata e aggiunta alla mollica in cottura)

Buon appetito!