Il mistero del peperone crusco di Senise come scusa per farvi sfogliare il nuovo Taste&More magazine n.10 (Settembre-Ottobre)mentre sognate ancora l’azzurro mare di Agosto

Peperoni cruschi di Senise (IGP)

Manca qualcosa in questa foto? O no? Per me no. C’è il colore della mia regione la Lucania, il rosso della sua terra, e uno dei simboli della sua gastronomia: il peperone crusco di Senise (IGP). Le patatine chips della mia infanzia. Ora sono commercializzati, basta fare un giro in internet e ve li spediscono a casa, ma quelli che mangiavo io erano autoprodotti da mia nonna, così come in tutte le altre famiglie lucane. Ci si procurava il peperone giusto, quello a forma di cornetto con la polpa sottile, si formava  una collana a spirale (‘nserta), angolata di circa 120° unendo i piccioli con ago e spago, e si appendeva ai balconi ad essiccare. Lo si fa tuttora. Era normale per me vedere le finestre ingioiellate di rosso. Solo da qualche anno ho scoperto che viene considerato ” l’oro rosso lucano”. Due secondi contati nell’olio bollente e diventano cruschi, come dite voi? Croccantissimi. E profumatissimi.

Eppure in quella foto manca qualcosa: il testo di una ricetta tradizionale e realizzata a quattro mani con la mia dolce mammina lucana IGP anche lei. Insomma sfogliate il nuovo numero di “Taste&More magazine” (rivista di cucina) dedicato all’autunno. La pag.79 svelerà l’arcano, sempre se ci arrivate perche’ sarete distratti da tutte le altre delizie preparate pensando a come sfruttare gli ingredienti di stagione e al vostro rientro in ufficio, o in officina, o al supermercato, dove vi pare.

Come sempre gratis, cliccate qui sotto per sfogliare la rivista.

Se non dovesse funzionare questo strano aggeggio, cliccate pure QUI, sarete catapultati nel link giusto.

Ravioli di patate ripieni di ricotta. Il bilanciamento del tubero.

Ravioli di patate.Una buona foto di cibo deve parlare senza parole. A un buon fotografo non servono le didascalie per descrivere il contenuto dell’immagine. Quelli che sembrano dei semplici ravioli qui su, in realtà non lo sono. Per far capire in modo immediato che si tratta di una pasta ripiena la cui sfoglia è fatta con le patate, avrei dovuto inserire nell’immagine banalmente dei tuberi terrosi o aspettare un colpo di genio. Il colpo di genio non è arrivato e mi sono rifiutata di immortalare l’ingrediente principale, la patata, accanto alla pasta fresca per una questione di pulizia. Tra l’altro sarebbe sorta comunque un’ambiguità data dal fatto che la patata avrebbe potuto far parte del ripieno. Poverammè. Il fallimento come comunicatrice per immagini viene bilanciato dal piacere di aver scoperto una nuova ricetta. Morbidi e profumati questi ravioli entrano con prepotenza e entusiasmo nel menù fisso della mia trattoria virtuale. 

Ravioli di patate

Per 4 persone o due che saltano la seconda portata:

  • 300g di patate a pasta gialla
  • 80g di farina 00 (ne servirà un po’ di più)
  • 1 tuorlo piccolino
  • 300g di ricotta ben sgocciolata
  • prezzemolo q.b.
  • mezzo cucchiaio di olio extravergine di oliva
  • 1 pizzico di sale

Lessate le patate ben lavate partendo da acqua fredda. Sbucciatele ancora calde e schiacciatele con lo schiacciapatate. Impastatele subito con la farina setacciata, l’olio, il tuorlo e un pizzico di sale fino ad ottenere un impasto morbido ma non appiccicoso. Aggiungere altra farina se necessario (dipende da quanta acqua c’è nelle patate). Fate riposare per un quarto d’ora. Nel frattempo lavorate la ricotta a crema con il prezzemolo sminuzzato e un pizzico di sale. Stendete la pasta, fino ad uno spessore di 2 mm circa, su un piano liscio e ben infarinato. Ritagliate delle strisce larghe 10 cm circa e formate i ravioli disponendo dei mucchietti di ricotta ben distanziati sulla metà di ogni striscia. Ricoprite con l’altra metà della striscia e ritagliate con una rotella o con un coppapasta i ravioli. Chiudeteli con molta attenzione avendo cura di far fuoriuscire l’aria. In questo modo non si apriranno in cottura. Disponeteli su un canovaccio infarinato. Cuocete in abbondante acqua salata e quando salgono in superficie (2-3 minuti) prendeteli con un mestolo forato e adagiateli sul piatto di portata, insieme al condimento.

E’una ricetta trovata su un vecchio numero di “Sale&Pepe”. Io li ho conditi con un sughetto di carciofi e porri ottenuto facendo saltare per pochi minuti il porro e i carciofi, tagliati a spicchietti, in tre cucchiai di olio extravergine di oliva.

Se avete poi bisogno di un cake topper per la vostra torta, vi invito a visitare il mio negozio on line “Lady Topper“. Troverete una Ida Briciole in cucina in versione zuccherosa!

Ben ritrovati!

Chicche di patate con cavolfiore e prosciutto. Le cavolate della matematica.

 “Le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste non sono cerchi, e la corteccia non è liscia, né il viaggio del lampo va in linea retta” (Benoît Mandelbrot, matematico polacco, 1924-2010).

Tutta la matematica, nello specifico la geometria (euclidea) che abbiamo studiato a scuola non ci serve per capire la bellezza, apparentemente caotica, delle forme che più ci affascinano in natura. Perciò spesso, quasi sempre, appare arida e noiosa. Bisogna essere dei visionari per comprenderla. Bisogna essere dei visionari unici per formulare nuove teorie. La scuola dovrebbe servire principalmente ad aprire le menti. Le nozioni, date di nascita dei vari Papi, ben presto svaniscono. La possibilità che ci dovrebbero offrire gli insegnanti è quella di affacciarci al mondo attraverso delle finestrelle e di farcelo guardare non solo con gli occhi, ma con il cuore e la mente. Mandelbrot apparteneva alla schiera dei cani sciolti matematici come Pitagora, Keplero e Newton (tabelline, leggi dei movimenti dei pianeti, gravità). Ha rivoluzionato la matematica e ci ha svelato la segreta armonia della natura teorizzando una nuova geometria: la geometria dei frattali. A questo punto chi già ha capito dove intendo arrivare dirà: “ecco, ora ci fa un esempio del cavolo”; chi non lo sa dirà: “questo post ci sta come il cavolo a merenda”; altri ancora diranno: “che cavolo stai dicendo, Ida!”. Io vi farò un cavolo di esempio.

Quando acquisterete il cavolfiore per realizzare questa deliziosa ricetta, osservatelo dapprima intero. Staccatene una cimetta. Vi sembrerà un cavolfiore in miniatura. Staccate poi una cimettina dalla cimetta. Vi sembrerà una miniatura ancora più piccola. E così via. La forma del cavolfiore non è cubica, conica o sferica(bè, più o meno), ma è un esempio di frattale. Ossia un “oggetto geometrico che si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, ossia le sue parti non cambiano forma se osservate al microscopio”. Come gli alberi (c’è il tronco, poi i rami che sono dei piccoli tronchi, che a loro volta riportano rametti più piccoli), i fiocchi di neve, le montagne, le coste geografiche, le nuvole, i vasi sanguigni, i battiti cardiaci, i processi neurali e la distribuzione delle galassie nell’universo. Mandelbrot ha dato una forma al caos. La nostra mente è attratta istintivamente dalla geometria frattale, forse perchè siamo circondati da essa o forse perchè ne siamo pervasi. I frattali hanno influenzato l’arte, la musica e anche l’economia. Ha trovato numerose applicazioni anche nella vita quotidiana: dalla progettazione di antenne per la telefonia mobile, ai programmi di compressione per immagini digitali. (Fonte: The Telegraph)

                                               Jakson Pollock, Blue Poles, Number 11, 1952

“E ai frattali è arrivato anche l’artista, non con l’analisi del matematico, ma con l’intuizione, dimostrando ancora una volta quale profondo legame esista tra matematica e arte.” (Fonte: Polymath)

Se le parole usate nel modo giusto sono poesia per l’anima, la matematica, capita nel profondo fino a divenire immagine, diviene poesia per la mente, un aiuto a descrivere e a comprendere nel profondo il fascino della natura. Un giorno, uno dei professori più estrosi, temuti e “densi”, dell’Università che ho frequentato, è entrato in aula, ha scritto sulla lavagna una delle formule dell’elettromagnetismo più difficili da capire, dal sintetismo estremo, si è girato ci ha guardato e ci ha detto: “Uagliò! (facoltà di ingegneria, Napoli, unica donna in aula..io) ‘sta formula vi parla..ma voi non ascoltate”. Forse non ho mai capito quella formula, forse il professore non è mai riuscito a spiegarla, ma la sua frase è stato uno stimolo a ricercare le cose belle e nascoste della natura. Che poi non ci riesco o meglio non mi applico più di tanto, questo è un altro discorso.

Per 6 persone (circa):

   Per le chicche:

  • 600 gr di patate (preferibilmente a pasta bianca, più farinose)
  • 200-250 gr di farina “00”
  • 1 uovo (togliere parte dell’albume)
  • 100 gr di parmigiano grattugiato

Per il condimento:

  • 500 gr di cavolfiore
  • uno spicchio d’aglio
  • 100 gr di prosciutto crudo a cubetti
  • pepe o peperoncino
  • un ciuffetto di prezzemolo
  • sale e olio quanto basta

Preparare il condimento soffriggendo le cimette di cavolfiore, precedentemente lavate, insieme all’olio e l’aglio schiacciato. Pepare(o aggiungere il peperoncino), salare e lasciare insaporire qualche minuto. Aggiungere un mestolo d’acqua, coprire e portare a cottura. Spegnere il fuoco, schiacciare le cimette con una forchetta, aggiungere il prezzemolo tritato e il prosciutto a cubetti.

Per le chicche, lavare le patate e cuocerle, con la buccia, in abbondante acqua, partendo da acqua fredda. Una volta cotte, pelarle ancora calde e schiacciarle con lo schiacciapatate. Far raffreddare e impastarle energicamente con la farina, l’uovo(al quale andrà tolto parte dell’albume) e il parmigiano, fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Se l’impasto dovesse risultare un pò appiccicoso aggiungere altra farina, ma non troppa, altrimenti oltre ad indurirsi sapranno solo di farina. Ciò dipende molto dalla qualità delle patate scelte. Sulla spianatoia infarinata, dividere l’impasto in più pezzi, formare dei cilindri spessi circa un dito e tagliarli a tocchetti. Infarinarli leggermente e cuocerli in abbondante acqua salata fino a quando saliranno in superficie. Raccoglierli con un mestolo forato e far mantecare in padella con il condimento aggiungendo un mestolo di acqua di cottura. Impiattare e servire.

Buona armonia universale a tutti!

Colgo l’occasione per ringraziare Claudia di “Scorza D’Arancia” per avermi dato l’opportunità di partecipare al suo contest e vincere!!!