Fette biscottate e fughe.

Fette biscottate

I 40 anni di una donna oggi, sposata e con figli, sono terrificanti. Non il numero in se’, siamo giovanissime, ma la vita di una quarantenne di oggi è terrificante. Comincio la lamentela? Si’. Il modello familiare primario, marito, moglie e figli, e’ pressoché invariato da secoli. Il marito lavora, i figli spendono e la moglie che si è battuta tanto per le pari opportunità oggi fa doppio lavoro. Ma perche’? Pensavano che uscendo di casa per andare a lavorare poi a casa erano più libere? Si’,  perchè c’e’ sempre una casa incasinata ad aspettarle. E siccome questa lotta per il lavoro l’hanno cominciata le nostre mamme, oggi le nonne lavorano e vanno in palestra. Mica stanno a casa ad aiutare la figlia lavoratrice. Il diritto al riposo per chi lavora, poi, sembra si applichi solo agli uomini. Non lavoro e quindi anche se  le donne acquisissero quel diritto,  ne sarei comunque fuori in automatico. Per non parlare degli uomini che fanno doppio lavoro: doppio lavoro e quindi doppio riposo. Le donne-mamme-un po’ nonne non lavoratrici, come me, dopo aver lucidato l’ultimo copri interruttore della casa e spennellato via la polvere dalle cornicette delle porte all’inglese, continuando a sorvegliare baionetta sulle spalle la prole, assicurando così la continuazione della specie, hanno tutto il tempo di impastare e sorvegliare anche i lievitati. Per regalarmi un brivido nuovo questa volta ho osato con le fette biscottate. A dire il vero avevo preparato un paio di pan bauletti e con il secondo che stazionava in dispensa da un paio di giorni mi sono lanciata in questa nuova esperienza. Quindi non è una ricetta mirata ad ottenere le fette biscottate, ma visto ed assaggiato il risultato, friabile  e fragrante, ve la passo volentieri.

Per 24 fette:

  • 350 g di farina “00”
  • 150 g di farina “0”
  • 150 g di latte intero a temperatura ambiente
  • 100 g di acqua a temperatura ambiente
  • 50 g di zucchero
  • 50 g di burro a temperatura ambiente
  • 1 cucchiaino di lievito di birra disidratato
  • 1 cucchiaino di succo di limone
  • 10 g di sale
  • latte per spennellare

Preparate un lievitino impastando brevemente  i 150 g di farina “0”, i 150 g di latte e il lievito ben mescolato alla farina. Fatelo riposare un’oretta. Quando cominciate a vedere le prime bollicine cominciate ad aggiungere la restante farina e l’acqua, nella quale avrete disciolto lo zucchero e aggiunto il succo di limone, poco alla volta. Ad ogni aggiunta impastate fino ad assorbimento degli ingredienti. Ottenuto un panetto, abbastanza sodo, aggiungete il burro morbido e il sale in due volte. Impastate energicamente fino ad ottenere un panetto liscio, morbido e lucido che si stacca dalle pareti della ciotola in un sol pezzo. Con l’impastatrice cominciate con la foglia e dopo aver aggiunto il burro passate al gancio, alternando basse velocità ad alte velocità. Coprite l’impasto con la pellicola o con un canovaccio umido e fate riposare un’ora.

Riprendetelo, ponetelo su una spianatoia leggermente infarinata e dividetelo in due pezzi. Ricavate due rettangoli, il lato più lungo un po’ più piccolo della forma da plum cake che userete, stendendo un poco l’impasto con le mani. Arrotolateli su stessi e poneteli in due stampi da plum cake da 25 cm di lunghezza. Anche quelli usa e getta. Oppure se avete uno stampo da plumcake più grande, potete anche farne uno solo. Coprite con la pellicola e fate lievitare fino al raddoppio. Per la buona riuscita delle fette biscottate, l’impasto deve essere ben lievitato, ma attenti sempre a non andare fuori lievitazione. Premete leggermente con un dito l’impasto, se la fossetta che si forma ritorna subito deve ancora lievitare, se rimane impressa è già fuori lievitazione e rischiate di ottenere un prodotto troppo compatto, se ritorna lentamente è pronta per essere infornato. Spennellate la superficie con il latte a temperatura ambiente.

Preriscaldate il forno a 170° e cuocete per una quarantina di minuti. Se la superficie dovesse scurire troppo abbassate la temperatura. Sformate e fate raffreddare i pan bauletti avvolti in un canovaccio. Fateli riposare e asciugare uno-due giorni sempre avvolti nel canovaccio. Affettateli ad uno spessore di meno di un centimetro e fatele dorare nel forno preriscaldato a 170° circa per una ventina di minuti su una teglia, rigirandole di tanto in tanto. Devono asciugarsi perfettamente ma non bruciare, quindi se è il caso abbassate la temperatura. Estraetele e fatele raffreddare su una gratella. Una volta fredde, mettetele in un contenitore a chiusura ermetica o in un sacchetto per alimenti. Io vi consiglio come prima volta di provare con un solo panbauletto o con metà, se il risultato vi piace biscottate le altre. Altrimenti mangerete comunque un panbauletto delizioso.

Vi lascio, vado a pulire le fughe delle piastrelle con lo spazzolino.

Focaccia lucana “senza ungere” con farina di grano duro Senatore Cappelli. Il foro con i buchi intorno.

Chi mi conosce poco poco già sta ridendo. Perche’ conosce la mia fissazione per gli impasti perfetti e soprattutto per i buchi. I buconi, gli alveoli del pane. Sono molto bucolica. Forse non sa però che la mia fissazione era dovuta a lei. La focaccia “senza ungere”, ossia non condita. Qui i buchi sono d’obbligo, perche’ permettono di aprire gli spicchi senza uso del coltello. E’ il massimo del design per una focaccia. Bellezza e funzionalità. Una fetta di mortadella e la “criatura” era contenta. E’molto diffusa in Lucania dove il termine “focaccia” si riferisce proprio a questa ciambella di pasta di pane scondita. Mia nonna la preparava periodicamente insieme al pane. E si consumava prima di aprire la pagnotta ancora calda. Impastava chili di farina rigorosamente a mano. O meglio a cazzotti. Saliva sul ring e si sfogava. La tirava, la ripiegava, la tirava, la ripiegava. Poi arrivava una signora con una lunga tavola in equilibrio sulla testa, prendeva le forme di pane, le marchiava e le portava nel forno del paese. Una vera e propria figura mitologica. Con la tavola in testa andava anche al bar a prendere il caffè. Braccia ad anfora e sfilava. 

E’ una focaccia morbida, leggermente resistente al morso e con una sottile crosta flessibile. Porta con se tutto il profumo del grano. Trattandosi di un prodotto lucano ho utilizzato un tipo di farina di grano duro molto diffusa un tempo al Sud: la Senatore Cappelli. Non perchè voglio fare la figa, ma semplicemente perchè la sentivo nominare spesso dalle mie nonne. In seguito ho scoperto essere una farina ottenuta da una selezione e incroci di grani duri del Sud Italia e di altri paesi del Mediterraneo. Frutto del lavoro e dello studio del  genetista agrario Nazareno Strampelli che nel 1923 cominciò la diffusione di questo tipo di grano duro con ottime caratteristiche di adattabilità e panificazione. Lo battezzò Senatore Cappelli in onore del Senatore omonimo che gli mise a disposizione dei campi di sua proprietà per la sperimentazione avviando così la trasformazione agraria della Puglia in particolar modo. Ben presto si diffuse in tutta Italia. Poi scomparve sostituito da altre tipologie di grano ancora più produttive. Oggi è ritornato come prodotto di nicchia e come dice Bressanini nel suo articolo: “e’ curioso che il grano Cappelli, ora diventato un simbolo della “pasta da gourmet”, fosse una volta il comune grano della pasta di tutti i giorni”. Non un grano antico e tradizionale dunque, ma innovativo ai suoi tempi. Grazie al revival di questa coltivazione da parte di piccoli produttori posso assaggiare un pezzo della mia terra senza muovermi da casa e soprattutto tenere vivido il ricordo di un profumo inconfondibile. Un’ulteriore testimonianza del fatto che il cibo non è solo nutrimento per il corpo.

E’ un impasto molto idratato. Per chi ha confidenza con questo tipo di lavorazione non ci saranno problemi. Per chi non ne ha sono qui a vostra completa disposizione.

Per due focacce:

  • 500 g di farina di grano duro Senatore Cappelli (anche una più reperibile semola rimacinata di grano duro)
  • 420 g di acqua a temperatura ambiente (dipende un pò dal tipo di farina che userete, dovete ottenere un impasto come quello delle foto più in giù)
  • 2 cucchiaini di lievito di birra disidratato
  • 1 cucchiaino abbondante di malto d’orzo o miele
  • 12 g di sale

Impasto e riposo

Setacciate la farina insieme al lievito in una ciotola e mescolate con accuratezza. Sciogliete il malto o il miele nell’acqua. Se usate l’impastatrice avviatela a bassa velocità con la foglia e aggiungete l’acqua quasi a filo. Dopo un po’ aumentate la velocità, ribaltando di tanto in tanto l’impasto con un cucchiaio senza strapparlo. Quando l’impasto si è aggrappato alla foglia e ha pulito la ciotola, aggiungete il sale, passate al gancio e impastate ancora brevemente fino ad ottenere un impasto liscio e lucido. Prendendo un po’ d’impasto e allargandolo questo deve formare un velo trasparente senza strapparsi. A questo punto fermatevi. Non bisogna lavorarlo ulteriormente altrimenti diventa troppo elastico e non forma un’alveolatura ben pronunciata, oltre a surriscaldarsi e a strapparsi. Se lavorate a mano, una volta ben miscelati gli ingredienti, tranne il sale, prendete l’impasto tra le mani e sbattetelo sui bordi della ciotola ripetutamente. Quando l’impasto comincia a compattarsi aggiungete il sale e cominciate a dare qualche giro di piega del tipo “stretch and folding” come mostrato nelle foto qui giù. Ossia prendete un lembo dell’impasto con le mani bagnate, allungatelo e ripiegatelo al centro. Fermatevi quando otterrete il velo di cui parlavo sopra.

Trasferite l’impasto con delicatezza, evitando di strapparlo, in una ciotola ben unta e copritelo con la pellicola trasparente. Fatelo riposare un’ora a temperatura ambiente e poi riponetelo in frigorifero per evitare un’eccessiva lievitazione mentre matura. Il riposo in frigorifero può andare dalle 4-5 ore a tutta la notte (io di solito impasto alle 11, lo ripongo in frigo alle 12 circa, lo riprendo alle 17 e alle 19 inforno. Mi trovo anche con la fascia economica del consumo elettrico). Passate le ore di riposo in frigo fatelo rinvenire a temperatura ambiente per un paio di ore circa. Trasferite l’impasto su una spianatoia liscia e ben infarinata, formate un rettangolo delicatamente senza sgonfiarlo e piegatelo a tre. Ossia dividetelo idealmente in tre parti e piegate il lato più corto verso il centro. Ricoprite con il restante terzo, spennellando via la farina in eccesso. Un tarocco vi sarà molto d’aiuto. Capovolgetelo, dividetelo in due parti e date ai due pezzi una forma a palla senza stringere troppo. Coprite e fate riposare una decina di minuti.

Stesura e cottura

Preriscaldate il forno al massimo e arroventate una leccarda capovolta posizionandola nel gradino più alto. Ponete l’impasto su un foglio di carta da forno ben infarinato e con l’estremità di un matterello ben infarinato praticate un foro al centro. Infilate le mani sotto l’impasto e tiratelo delicatamente, stendendolo e allargando il foro. Appena il forno ha raggiunto la temperatura massima, estraete la leccarda rovente e fatevi scivolare sopra la carta da forno con la focaccia. Posizionate la leccarda sempre sul gradino più in alto vicino alla resistenza e fate cuocere per pochi minuti. La focaccia va “avvampata” diceva la fornaia. Controllate la parte inferiore, se ha bisogno di un’ ulteriore cottura mettetela pochi minuti sul gradino più basso. Nel frattempo stendete la seconda focaccia. Il segreto è che non deve lievitare molto una volta stesa, altrimenti diventa quasi una brioche. Togliete la focaccia dal forno e fatela raffreddare su una gratella coperta da un canovaccio. Infornate la seconda. E’ un tipo di focaccia che può essere e deve esser consumata subito, diciamo nell’arco di una giornata conservata in un sacchetto di carta. Poi tende ad indurire. Quando avanza la taglio a pezzi e la congelo. Una volta scongelata e passata su una piastra ben calda riacquista tutta la sua fragranza.

Mangiata da sola strappando un pezzettino alla volta oppure farcita con salumi e formaggi, per me non ha pari.

Buono studio! Posso sempre prepararvela io…

Brioche allo yogurt (senza burro) e milk roux. La patata bollente.

 Qualcuno lì fuori sa dirmi gentilmente se questo antico metodo cinese di gelatinizzazione degli amidi che conferisce morbidezza e una conservazione più lunga dei prodotti lievitati da forno è veramente efficace? A me è parso di sì, ma non vorrei fosse solo uno di quei fenomeni di allucinazione generale. Un effetto placebo collettivo. Il metodo Tang Zhong, e non ridete, è stato approvato ufficialmente? E’ vero che può sostituire una delle funzioni che svolgono i grassi in alcune ricette? Un’idea io me la sono fatta. Applicandolo ad una ricetta fatta più volte, ho constatato che eliminando del tutto il burro, sostituendolo con un milk roux, ho ottenuto lo stesso una brioche sofficissima e che si è conservata tale un pò più a lungo. Questo perchè, aggiungendo una piccola dose di amidi  gelatinizzati tramite la cottura, ho potuto inserire nella ricetta più liquidi ottenendo comunque un impasto lavorabile. Un pò come quando si aggiunge una patata lessa nell’impasto dunque. Qui si tratta di aggiungere una pappetta, milk roux, tipo quella che si fa per la besciamella, di amido e latte cotti  (o farina e acqua nel caso del water roux). Lo stesso motivo per cui gli gnocchi sono morbidi. Ora devono inventare qualcosa che sostituisca l’aroma del burro. Ma se vi convincete di averlo messo riuscirete a sentirlo in queste brioches. 

Per una dozzina di brioches:

  • 350 g di farina 0
  • 120 g di latte intero (più la temperatura ambiente è alta più freddo deve essere il latte, detto così a grosse linee)
  • 80 g di milk roux (80 g di burro nella ricetta originale)
  • 60 g di zucchero
  • 50 g di yogurt bianco intero
  • 1 uovo intero
  • 1 cucchiaino di lievito di birra disidratato
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • qualche goccia di limone
  • aroma (qualche goccia di aroma millefiori o la scorza grattugiata di mezz’arancia o di limone o semini di vaniglia)

Per il milk roux (1 parte di amido e 10 di latte):

  • 100 g di latte intero
  • 10 g di amido di mais

Preparate il milk roux stemperando l’amido nel latte freddo, aggiunto a filo e mescolando continuamente, facendo attenzione a non formare grumi. Riscaldate sempre mescolando fino a quando comincia ad addensare (in teoria andrebbe portato ad una temperatura di 65°). Basterà un minuto o meno. Coprite con una pellicola a contatto e far raffreddare immediatamente nel frigo. Dovrebbe rendere proprio gli 80 g previsti dalla ricetta, più o meno.

In una ciotola mettete la farina setacciata insieme al lievito, l’uovo leggermente sbattuto insieme allo zucchero, gli 80 g di milk roux e iniziate ad impastare aggiungendo il latte poco alla volta. Se avete l’impastatrice non avrete problemi, il composto è un pò molliccio. A mano prendete l’impasto e sbattetelo ripetutamente contro le pareti della ciotola. Piano piano prenderà consistenza, incorderà, e si staccherà dalle pareti in un sol pezzo, tipo blob. Aggiungete il sale e lo yogurt, nel quale avrete messo l’aroma scelto e qualche goccia di limone, e continuate a reimpastare fino ad ottenere di nuovo il blob liscio e lucido. Mettetelo in una ciotola leggermente unta (bisogna far in modo di non strappare l’impasto mai, ungere la ciotola fa in modo che l’impasto si stacchi senza problemi), coprite con la pellicola trasparente e fate riposare per una mezz’oretta. Scoprite la ciotola e fate un giro di pieghe con le mani umide, per rinforzare l’impasto, prendendo i lembi dell’impasto, allungandoli leggermente e portandoli verso il centro. Un video qui. Fate riposare un’ora. Rovesciate delicatamente l’impasto su una spianatoia infarinata, sgonfiatelo leggermente con il palmo della mano e fate delle porzioni da 50 g circa. Formate le brioches, appiattendo leggermente le porzioni e portando i lembi verso il centro, come prima. Sigillate bene, rigirate le palline e fatele roteare sulla spianatoia sotto il palmo della mano. Mettetele in una teglia rivestita di carta da forno ben distanziate, coprite con un canovaccio e fate lievitare fino al raddoppio. Due o tre ore circa, dipende dalla temperatura ambiente. Spennellate con un tuorlo d’uovo sbattuto con un cucchiaio di latte e infornate nel forno preriscaldato a 180° circa per 15 minuti o fino a quando saranno ben dorate. Le brioches hanno bisogno di un tempo di cottura breve, altrimenti induriscono. Una volta raffreddate si possono congelare.

再見!